Supponiamo che nel calcio la tifoseria valuti il pedigree degli aspiranti Presidenti che intendano acquistare la propria squadra del cuore: nel caso specifico esaminando il Curriculum del sig. Nicola Canonico, la Commissione dei Tifosi emetterebbe un giudizio all’unanimità di sonora bocciatura.
Tralasciando il disastro in atto a Foggia e soffermandosi sulle sue esperienze passate viene fuori una figura affatto illuminata dal punto di vista calcistico, con sfaccettature caratteriali volte sempre all’attrito ed al conflitto.
Le sue esperienze passate si sono ripetute in maniera ossessiva: Canonico non sa stare senza calcio o meglio senza squadra di calcio. Dal ’08 sino al 2020 ha avuto sempre un Club, cambiandone 4: non finiva neanche un’esperienza che iniziava un’altra senza soluzione di continuità. Davvero un comportamento quasi compulsivo. Di solito un imprenditore sceglie una piazza, costruisce un progetto sportivo, dedica energie e passione e poi lascia, spesso anche con stanchezza, magari per epiloghi non positivi e dopo si riserva un periodo di riposo, di scarico di tossine, di “disintossicazione”. Ma lui no, ha bisogno sempre di avere una società di calcio nel ventaglio delle sue aziende.
Sino ad arrivare da noi, a Foggia, Canonico ha operato per 12 anni consecutivi (tranne uno di pausa “di riflessione” a Bisceglie) di cui:
- 3 anni in Eccellenza, con una promozione in serie D a seguito vittoria coppa Italia Nazionale Dilettanti (in campionato la squadra è arrivata seconda)
- 5 in serie D con 1 promozione (con 1 punto di vantaggio rispetto il Trastevere) e 4 campionati tra il 4° e l’8° posto
- 4 in serie C, con 1 condotto sino a gennaio (poi dimessosi, ad Andria), 1 con un 11° posto e 2 retrocessioni.
Diciamo un palmares abbastanza mediocre, considerate le categorie di militanza: soprattutto Dilettanti e quando si è confrontato con il Professionismo ha inanellato risultati molti negativi.
I primi anni della sua carriera sono stati caratterizzati da trasferimenti di Titolo Sportivo da città in città, che avrebbe voluto far culminare a Bari, la sua squadra del cuore, ma ha trovato netti ostacoli dei galletti. I trasferimenti dei titoli sportivi, seppur ammessi dai regolamenti federali, non rispettano le regole dello sport, esclusivamente meritevoli (il campo assegna le categorie e nessun altro) ma soprattutto non rispettano le tifoserie, qualunque categoria sia, anche la più bassa (ne sanno qualcosa i malcapitati di Molfetta).
Poi arriva l’approdo a Bisceglie, più volte raccontato da Canonico come un’esperienza modello, in cui in una piccola realtà, senza risorse avrebbe costruito successi storici portando la squadra su livelli inimmaginabili.
Premesso che il Bisceglie rispetto alla sua media storica (Eccellenza, serie D) ha avuto con Canonico la possibilità “unica e rara” di disputare 3 campionati professionistici di serie C: di cui uno all’11° posto, il secondo retrocesso e ripescato ed il 3° retrocesso e basta! Quindi di certo non passerà alla storia questa esperienza!
Ma superando l’aspetto sportivo, quello che emerge lampante in maniera clamorosa sono le tensioni che è riuscito a creare nell’ambiente, sin da subito che hanno portato a contestazioni, polemiche, comunicati, dichiarazioni, ecc. Tra la tifoseria innanzitutto ma anche con il sindaco/comune per le solite questioni stadio, ed i soggetti economici del territorio accusati sempre di non sostenere i suoi progetti.
Ma anche i rapporti con calciatori ed allenatori sempre tumultuosi con continue rivoluzioni della rosa, innumerevoli cambi del mister, esoneri. Questo è stato sempre un suo marchio di fabbrica: stravolge sempre le squadre, sebbene parla di Programmazione come un mantra nel calcio e quando prova a proseguire un percorso confermando giocatori e mister precipita subito in crisi di risultati, a dimostrazione del percorso totalmente errato intrapreso.
Assume sempre un atteggiamento di sfida contro i vari player: a Bisceglie si dimette ben 4 volte. Ogni volta dichiara di vendere gratuitamente le quote e di mettere nelle mani del sindaco il titolo sportivo sfidando a trovare altri soggetti più bravi di lui e dando termini perentori paventando il rischio di non iscrivere la squadra al campionato successivo.
E su questo aspetto c’è da fare delle riflessioni. Come si può così facilmente vendere una squadra gratuitamente ? Ci sono 2 aspetti da evidenziare:
- Una società “regalata” significa che non ha valore, quindi alcun asset, il ché significa valore in termini di calciatori. Quindi le sue gestioni sono improntate non a costruire nel tempo valore, programmando, allestendo squadre e migliorandole di volta in volta ma solo ad una gestione con orizzonte annuale. Della serie proviamo come và… ma così facendo è scientifico che andrà sempre male…
- Se vengono investiti diversi soldi, come lui spesso dice, addirittura milioni, questi per lui andrebbero poi del tutto persi? Per la sola adrenalina di guidare una squadra di calcio ? allora siamo di fronte ad un benefattore? Perché l’alternativa sarebbe un mecenate, ma vista la “bellezza” creata … questa ipotesi sarebbe del tutto da escludere.
Annuncia autogestione sino a fine anno e poi il suo disimpegno. Spesso e volentieri sottolinea il fatto che paga tutti gli stipendi, che ha investito ingenti risorse, che con lui alla guida problemi di iscrizione e scadenze non si registrano: come se questo desse l’autorità a fare e disfare tutto. Precisa sempre che non ha mai avuto interessi personali nel territorio di riferimento e di non aver mai lavorato con le proprie aziende, a seguito allusioni e dicerie in tal senso che spesso si susseguono.
Eppure quando si presenta alla piazza all’inizio dell’avventura parla di un ciclo triennale, di proclami ambiziosi, di tifoseria “all’uopo” degna di altri palcoscenici, ecc
Quindi ritornando alla commissione di Tifosi, dopo aver visionato questo lungo curriculum, e valutato tutto il suo escursus, ragionando con la testa e sentendo le sensazioni provenienti dal cuore, non potrà altro che scartare la candidatura dicendo al sig. Canonico “le faremo sapere…”
